Quando ero bambino, alle scuole elementari, la maestra Nanda (purtroppo non c’è più) si complimentava con me per le storie che inventavo.
Sia chiaro: non ero un secchione e lei non era affatto una maestrina sdolcinata che coccolava i preferiti sotto calde ali protettive. Le piaceva quello che scrivevo, diceva che ero molto creativo e chiedeva ai miei genitori dove fossi andato a pescare tutta quella fantasia.
Boh, loro non mi avevano mai visto con in mano una canna da pesca e non sapevano rispondere, ma io sì. Mi piaceva leggere ed ero affascinato dalle parole. Avevo dentro di me una vivace immaginazione che trasformava oggetti, persone e animali in storie davvero coinvolgenti.
All’esame di quinta elementare scrissi infatti un racconto di avventura su un’isola deserta, che determinò il primo grande imbarazzo della mia vita. Nanda se ne andava da una maestra all’altra con in mano il foglio di protocollo, ripetendo in modo ossessivo: “Che bello, che bello, dobbiamo farlo vedere alla direttrice!”. Anche vent’anni dopo continuava a ricordarmelo.
Più gli anni passavano, più quell’immaginazione mi creava dei problemi.
Alle scuole medie i prof proponevano soltanto temi argomentativi, o cronache o lettere, che mi annoiavano a morte e non avevano certo bisogno della mia fantasia. Mi impegnavo quanto bastava per ottenere discreti risultati.

Giunto alle superiori, arrivò la mazzata definitiva. Le insegnanti di lettere e di francese proposero alla mia classe un progetto di scrittura creativa basato sugli Esercizi di stile di Queneau, in cui un semplicissimo episodio di vita quotidiana, quasi banale, veniva presentato in 99 variazioni sul tema.
Io ero alle stelle e mi misi alla prova con un testo in lingua francese (che adoro). Ero soddisfatto del risultato, ma fui stroncato dalla prof di francese con un tristissimo “C’est tout de ton cru?”. In poche parole: Non è farina del tuo sacco.
Qualche anno dopo, ripresentai un racconto molto simile a un altro insegnante e meritai un gratificante 9.
Forse quella prof. non aveva mai fatto una torta e, povera, non si intendeva di farina. Mah, va a gusti.
La paura di essere giudicato mi piombò addosso come un macigno e la scrittura diventò per oltre dieci anni soltanto un hobby saltuario.
Fino a quando avverai il mio sogno di diventare insegnante. Ripresi di nuovo a scrivere per i miei alunni e loro diventarono con piacere i miei più affezionati lettori e severi giudici… sinceri e imparziali.

Cominciai per caso con la partecipazione al concorso Incipit da favola, indetto dal Gruppo Editoriale L’Espresso e la famosissima Scuola Holden di Torino diretta da A. Baricco. Il mio racconto Aiuto, i Lorchitruci fu selezionato a sorpresa come finalista tra 1000 partecipanti e, grazie al voto via internet di oltre 600 persone, mi aggiudicai il terzo posto.
Una grande conquista, grazie al passaparola dei miei amici, dei miei alunni, dei loro genitori e di lettori sconosciuti.

Per ricordare quella bellissima esperienza, ho creato un video-racconto. Buona visione!


E andò bene anche al concorso nazionale di narrativa Speciale Infanzia – Il mondo degli animali, organizzato dall’associazione M.A.R.E.L. e dalla Provincia di Roma nel giugno 2009.
Scrissi il racconto breve Il Tocca-cielo di circa due pagine e mezza, lo inviai senza troppe pretese e, sempre con mia grande sorpresa, fui scelto come finalista e ricevetti una segnalazione come testo degno di nota in Campidoglio a Roma.

La giuria del Premio mi invitò ad arricchire la storia, trovandola molto interessante e divertente per la realizzazione di un libro per ragazzi.
I miei più grandi sostenitori furono di nuovo i miei alunni e i loro genitori che, tramutatisi in scatenati fans, da far invidia a Vasco Rossi, mi convinsero a far del mio Il Tocca-cielo un vero e proprio libro.

La storia di quell’abete bianco nacque in effetti nella mia classe, quando un mattino mi soffermai per caso a descrivere ai miei alunni un vecchio abete che se ne sta ancora tutto solo nel cortile della scuola, a un passo dalle nostre finestre. Quell’albero così magico mi colpì al cuore come un fulmine composto dai suoi aghi, me ne innamorai subito e cominciai a fantasticare, a documentarmi tanto e a scrivere la sua storia.

Scoprii che esisteva realmente in Italia un abete bianco alto circa 50 metri di oltre 200 anni, e allora pensai che ne valesse davvero la pena parlare di lui.
Iniziai nell’estate del 2009 ad arricchire quel testo, insieme alla cara amica e collega Francesca Scalici che si buttò a capofitto, senza alcuna specifica competenza, nella realizzazione delle illustrazioni. Era la prima esperienza per entrambi e insieme riuscimmo a sostenerci, superando momenti di sconforto e dubbi continui.
A metà ottobre il testo era pronto e ci aspettava il passo più importante da compiere: sottoporlo alla valutazione delle case editrici per una proposta editoriale. Spedimmo una ventina di copie del manoscritto e restammo in attesa, una trepida attesa, soprattutto da parte mia, che dubitavo in qualsiasi momento dell’arrivo di una risposta.
Prima edizione
Il 30 dicembre 2009 ricevetti in ritardo uno splendido regalo di Natale: una casa editrice mi inviò una lettera in cui esprimeva parere favorevole alla pubblicazione del libro Il Tocca-cielo.
Senza chiedere alcun contributo. Certo, condizione necessaria per accettare. Non avrei mai pubblicato altrimenti, il mio lavoro non mi consente di gettare al vento migliaia di euro, e poi… che valore potrebbe avere un libro stampato a proprie spese?


Quante biblioteche e quanti piccoli lettori conservano nella loro libreria questa prima versione del libro, ormai non più disponibile!


Iniziò così la mia nuova avventura di scrittore in erba.
I miei alunni e i loro genitori diedero il via a una campagna pubblicitaria esorbitante, e in pochi giorni il libro vendette tantissime copie. Poi un’agenzia letteraria mi affiancò nel difficile compito della promozione nazionale e i risultati non tardarono ad arrivare.
Esattamente un anno dopo, la KABA EDIZIONI si dimostrò entusiasta a ripubblicare Il Tocca-cielo in una nuova edizione con una grafica completamente rinnovata e – sorpresa! – il seguito della storia. Ben 6 capitoli in più. Wow!
Il Tocca-cielo, il mio primissimo libro.